Verso l’alto monte.

Il vangelo di questa seconda domenica di quaresima ci porta su di un alto monte, in disparte, dove attraverso Gesù traspare la luce di Dio. Nel suo trasfigurarsi Gesù appare conversare con Elia e Mosè. Di contro, Pietro Giacomo e Giovanni rimangono silenti e impauriti. Possiamo immaginare come Pietro abbia detto di fare tre tende: forse tremante? O col desiderio di essere ospitale con queste figure celesti? O addirittura così felice ed infervorato da voler restare in quella condizione più tempo possibile?  … chissà … e noi cosa avremmo detto o cosa avremmo fatto?

Ma ancor prima, ci saremmo fatti portare su un alto monte?

L’alto monte e i crocifissi lungo la strada

La quaresima è anche un itinerario verso l’‘alto monte’, è un’esperienza di un cammino a tappe verso una visione luminosa del Cristo risorto. Troppo spesso ci fermiamo all’uomo inchiodato che vediamo benissimo, complici anche tutti i crocifissi che ci circondano. Forse ci siamo pure abituati a tutti i crocifissi del Covid, i numeri impietosi delle vittime quotidiane e dei loro familiari,  e sempre più spesso, purtroppo, rimangono sempre più cifre e noi, quasi necessariamente anestetizzati dal dolore dei loro vissuti per non rimanere impietriti nel nostro quotidiano.

In alto c’è più luce da far entrare dentro

Per questo, nella nostra quaresima, nei nostri giorni, è necessaria una sosta sull’alto monte fare un’esperienza della Luce di Dio, il Gesù trasfigurato che anticipa il volto del Cristo risorto. Farci portare sul monte è trovare un luogo adeguato e conversare noi stessi con Gesù, trasfigurando almeno per un istante la nostra quotidianità.

Ma attenzione: non è necessario mettere lì le nostre tende. Torniamo a valle perché è lì invece che ci si misura la nostra vita. Possiamo portare giù dal monte alto, l’esperienza senza parlarne perché essa ci invita sì a salirci sempre, ma con lo scopo di diventare sempre più trasparenti portatori della luce di Dio in mezzo ai fratelli, alle persone che avviciniamo in tutti i nostri ambienti.

Lo scopo della Luce e illuminare, riscaldare, creare nuova vita per tutti

Platone nel Mito della Caverna ci consegna un’immagine della nostra vita molto stimolante. Ci descrive uomini all’interno di una caverna, legati e obbligati a vedere ombre proiettate come su  uno schermo. Per essi quella è la vita. E se anche qualcuno cerca di far capire loro che c’è altro, perché uscendo con fatica da quell’ambiente, ha visto la luce del sole,  e per solidarietà é tornato a raccontarlo, viene addirittura malmenato perché ritenuto un imbroglione visionario. Sì, c’è anche questo rischio, ma l’esperienza della luce del sole è troppo forte per non essere condivisa.

Egli è luce ed è presente su ogni alto monte dove ci faremo condurre, come a dire: torna a te stesso e scopri che sei davvero a mia immagine. E così, ritorna dai fratelli e dillo anche a loro: sarà allora che scoprirai la forza della luce a valle, nel silenzio della tua stanza e nei vicoli bui del quotidiano. Nulla potrà spegnerla. Mai.

Anna Maria e Francesco

Siamo giunti alla Quaresima.

Un mini percorso da cogliere al volo.

Parafrasando don Tonino Bello, amato vescovo di Molfetta morto nel 1993, possiamo pensare di vivere il tempo di quaresima come un lungo percorso i cui segni sono raccolti tra la testa e i piedi. Si inizia con l’imposizione delle ceneri in questo mercoledì e si finisce il giovedì santo, con la lavanda dei piedi. Sembra un tragitto breve, mediamente meno di due metri – dice don Tonino -, ma bisogna attraversare un vero e proprio mondo convertendosi, cambiando vertice.

Si parte dal purificare la mente dai pensieri vacui, dribblando giri mentali, demolendo convinzioni e pregiudizi. La mente che mente non è solo un paradosso: è l’inganno reale cui ci sottoponiamo anche quando pensiamo che è vero solo quello che pensiamo noi, senza darci altre possibilità. Disilludere la mente nelle sue preposizioni stratificate non è semplice: sono così tante le precomprensioni che è necessario sempre più sovente sospendere i giudizi ed imparare a stare nelle vicende e le questioni che la vita ci pone, lontano da un mondo immaginativo e preconfezionato. Digiunare dal guardare al solito modo se stessi e la vita, astenersi dal parlare vuoto preferendo il silenzio pieno, è uno dei modi possibili da applicare in questo periodo per una quaresima diversa dal solito. La cenere è ovviamente un prodotto trasformato perché sappiamo che in realtà era altro prima che venisse bruciato e, come un monito, ci indica di cambiare modi di pensare e di imparare da Cristo che alla scuola del Padre misericordioso, ci testimonia l’avvento del Regno nuovo, la vita nostra trasformata ed elevata.

Nel rapido discendere dal capo ai piedi, incontriamo il cuore, da sempre sede simbolica di affetti e sentimenti. Emozioni più o meno belle ci pervadono ogni giorno e, come in ogni tempo, ancora di più in quaresima dobbiamo orientarle e portarle così a conversione, nel porto del vertice nuovo. Le emozioni a volte sembrano sopraffarci, portandoci lontano da ciò che vogliamo e desideriamo più profondamente. Altre volte sono invece il motore determinante per il nostro procedere. A volte ci prendono; altre volte siamo noi a comprenderle. È necessario anche qui un piccolo percorso interiore che richiede una certa disciplina, proprio per non essere come una banderuola al vento delle paure, delle preoccupazioni, delle rabbie e di ciò che accade nelle nostre giornate. In questo tragitto, può venirci in soccorso la preghiera, la cui dimensione è sempre stata un riferimento importante per l’umanità di tutte le latitudini: essa ci eleva dal quotidiano e ci porta per i sentieri delle alte vette dove soffia il vento migliore . La preghiera semplice, la semplice giaculatoria ad esempio, accanto a tutti gli appuntamenti più importanti che ciascuno si vorrà dare, è una via immediata e sobria che possiamo sempre portare con noi. Placa l’animo e rinsalda il cuore specialmente se diventa come un respiro.

Foto di BennoOosterom da Pixabay

Ed arriviamo così, infine, ai piedi. Segno del camminare dell’essere in movimento. Impolverati dalle strade di allora, gli evangelisti li hanno raccontati anche in altri episodi. Ma il divin Maestro ha voluto lasciare attraverso di essi ed un grembiule, accanto al segno, un gesto, narrato nel solo vangelo di Giovani. Un’azione scrupolosa, per tutti, nessuno escluso, necessaria per avere parte con lui, per partecipare con il Cristo alla costituzione del Regno nuovo. Questa nuova realtà passa per un’azione concreta, un’azione che ci mette in relazione: camminare con altri, servire gli altri. È la carità in tutte le forme possibili per se stessi e per gli altri. Posso infatti esercitare carità con me stesso se mi lascio il tempo per dare più valore a ciò che può significare il mio essere cristiano nei fatti. Ci sono sicuramente tanti modi per non restare lontano dagli altri con cui convivo o con cui lavoro o che incontro quotidianamente, anche filtrati dalla mascherine di questo periodo. È l’azione amorevole e sincera che sigilla le mie piccole conversioni di questo tempo e di tutti i giorni. Un passo breve che una mente e un cuore convertiti, dai vertici rinnovati dalle giuste priorità e motivazioni, misura il nostro camminare in questo tempo speciale.

Ecco dei modi per vivere intensamente la quaresima, ‘dalla testa ai piedi’. Certo, lo abbiamo fatto velocemente, ma se vuoi saperne di più, scrivimi.