I Magi.

La Stella, il Cammino, i Doni.

Si è molto discusso e si discute ancora sui Magi: erano tre, erano re, venivano dalla Persia… c’è chi ancora si chiede per quale motivo la comunità di Matteo abbia avuto la necessità di inserire questi personaggi nel Vangelo (Mt 2,1-12). Infatti, è l’unico vangelo che ne parla e in un modo che lascia davvero sorpresi per alcune dinamiche del loro viaggio e di come queste abbiano coinvolto ‘il re Erode e tutta Gerusalemme’, oltre le conseguenze del loro improvvido (?) fare che portò alla strage degli innocenti. In realtà essi erano dei cercatori e tutto il male venne fuori da una persona che rappresentava e rappresenta ancora chi di voglia di mettersi in cammino non aveva e non ne ha (andate, informatevi, trovate, poi venite e riferitemi). È un po’ come quelli che stazionano nel loro luogo di potere, in comfort zone, aspettando il lavoro degli altri per sentirsi confermati nelle proprie convinzioni e, spesso, per azioni maldestre.

Ma i Magi hanno visto sorgere la sua stella. Non una stella qualsiasi, nemmeno quella cometa (di cui non si dice nulla in realtà), ma la sua stella, la stella di colui che regna davvero. Forse di questo ‘davvero’ ha paura Erode: essere smascherato nella finzione del suo regnare, della sua presunta signoria. I Magi Sapienti cercano il Re, il Signore. Possiamo, con una certa poesia, pensare che siano degli scienziati sapienti, che sanno di non sapere. Dal suo nascere hanno visto la stella, il desiderio più recondito, che non ha scritto nulla in cielo se non una destinazione, quella propria e personale, secondo il loro spirito dei veri cercatori sapienti. La stella orienta, come il desiderio più vero, ti porta alla meta.

Alla meta non si arriva per caso. Se ci si distrae, piuttosto, la si perde di vista (e che gioia grandissima ritrovarla!) e bisogna rifare i calcoli, chiedere e chiedersi come fare per ritrovarla e, addirittura, anche il male in persona può dare degli indirizzi, anche se sempre solo la tua stella saprà dirti dove sei e dove devi andare. Camminare, essere in cammino, è condizione fondamentale per comprendere se stessi in divenire. L’errore dello stare fermi, della boria di sapere tutto, non ti fa trovare e, magari, ti fa solo lamentare della stagnazione personale e degli altri che non cambiano: sempre le solite cose. La via è vita. Percorrerla è vivificante.

Una direzione e un percorso, per? Portare un dono. Al di là della simbologia costruita in questi secoli sui singoli omaggi, può un viaggio così lungo e difficile per quel tempo, avere questo semplice scopo? Si erano già organizzati nella distribuzione dei doni? Avevano più doni personalmente e poi ognuno ha deciso quello su cui puntare per fare più bella figura? Ognuno ha portato il migliore, il dono più prezioso possibile in quel tempo, per quel momento, per la propria condizione personale, per il cammino fatto e per quello che doveva fare. Nella casa della santa Famiglia è stato deposto il segno di ciò che uno è: nello scrigno c’era il tesoro nascosto di ciascuno, offerto come culmine di un itinerario, ma non come il termine.

La Stella orienta il cambiamento del viaggio. L’offerta del dono non prevede nessun ricambio. Il dono è fine a se stesso e non gli ha impoveriti. Il dono ha creato uno spazio per accogliere il Cristo: di ritorno, per un’altra strada, continueranno a donare a tutti i ‘poveri cristi’ di questa nuova via.

Per i cristiani ortodossi è questo il loro Natale, come una nuova nascita, una nuova strada con le persone che si trovano ai margini di essa. Questo è quello che ha fatto Gesù nella sua vita: Testimoniare il Regno come una stella, i piedi nella polvere e le mani operose che donavano amore a chiunque incrociasse il suo sguardo.

La vita è un dono.

Due esercizi per ricordarsene.

Tra la fine e l’inizio di un anno si è sempre soliti fare un po’ di revisioni e di programmi. In questa verifica (fare verità, tentare di mettere ordine alla propria vita anche solo per qualche momento) echeggiano vari richiami verso quello che poteva essere e non è stato e a quello che potrebbe essere ancora e che potremmo generare. Tra queste onde sonore interiori che vibrano sul finire del 2020, suggerisco due esercizi legati fra loro.

L’esercizio delle gratitudine sposta l’ego dal centro della vita, liberando uno spazio essenziale. Ecco perché è importante essere grato e, se ancora lo sono poco o penso che in un anno come questo che è passato non è possibile dire ‘grazie’, posso mettermi alla scuola della Vita per imparare. Infatti, essere vivi e respirare, non è stato chiesto e neppure meritato. Totalmente gratis è l’aria che si respira, la luce, la natura, l’amore… Dal tutto mi è dovuto, al tutto mi è dato, il passo è fatto, basta davvero poco. L’esercizio deve essere costante e, anche questo, è gratuito.

Che dire poi di come il lamento che ci accerchia e ci reclude, porta con sé il peso della recriminazione, la dispersione delle nostre forze a causa delle emozioni negative… la gratitudine rimette in ordine il cassetto del tempo e il passato riduce le sue ombre mentre il futuro si illumina di mille colori. Per annullare il motivo del lamento, l’esercizio è sforzarsi di trovare il modo di dire bene su ciò che mi accade. Bene-dire, per essere grati. Non è semplice ma occorre esercitarsi. Dal lamento alla gratitudine è un risultato di molti passaggi, così come la trama di una tela diventa il tessuto di cui vestirsi. È un allenamento di cui non si potrà più fare a meno, non appena provati i primi benefici.

Più alto e profondo è il ‘grazie’ che riesci a pronunciare, più si aprono gli orizzonti. Mentre l’ego ti accorcia gli spazi, dire grazie sicuramente ti migliora la vita, oltre il 2020, per il miglior 2021 possibile.

Esercitandoci alla gratitudine non ci accomodiamo o ci accontentiamo, ma facciamo sì non tanto che migliori genericamente il 2021, ma che il 2021 sia ‘buono’ davvero, perché ognuno di noi e più grato alla Vita. Riconosciamolo per primi e attorniamoci di persone che vogliono essere grate.