Non è un fantasma.

Leggendo le letture di questa domenica, ci facciamo condurre da tre spunti che ci portano ad  un incontro con Dio molto poco virtuale: sarà anzi molto vero e concreto.

L’ignoranza ci fa vedere il Risorto come un bravo legislatore e fondatore di una religione, un abile mago o come un grande liturgista e così via.  Egli è invece l’autore della vita, il Giusto, il Santo, il Servo di Dio (cf At 3,13-15). L’ignoranza, travestita da capi di potere, da abitudini senza significato, comodità e convinzioni limitanti varie, è l’oblio della fede, è il regno della creduloneria e spegne la vita. Ma Dio attraversa sempre anche ciò che l’uomo spegne, lasciando tracce di guarigione luminosa per tutti coloro che si riconoscono infermi (come lo storpio dell’episodio che precede il brano che leggiamo oggi, At 3,1-10). L’infermità riconosciuta è conforme alle mani e al costato ferito. Pietro chiede di avere fede nelle opere di Dio e non in quella degli uomini. E come possiamo dimostrare la fede nelle opere del Padre?

La pratica della fede è l’amore.

Riconoscere la propria fragilità ci permette di avere in Gesù il Consolatore come dono del Padre. Chi supera l’ignoranza dimostra di conoscere davvero il Padre, osservando il precetto dell’amore di cui Giovanni parla nel suo vangelo e nel brano della lettera odierna (v. 1Gv 2,3-5). Compiere atti d’amore verso se stessi e gli altri, non ci affranca dalla nostra fragilità, ma ci rende più veri davanti a Dio. L’esecuzione di compiti senza un coinvolgimento affettivo è anche più semplice, ma ci allontana dall’amore di Dio che è perfetto (1Gv 2,5) ed è quello a cui siamo chiamati.

L’esempio è proprio quello di Gesù, che si è dato fino in fondo per illuminare ogni uomo (Gv 1,9).

Per non credere in un fantasma.

Per non credere in un fantasma sediamo a mensa con Lui (Lc 24,35-48), con il Risorto, e con i portatori di piaghe. Sì, noi fragili per primi abbiamo bisogno di sfatare quel mito che ci fa apparire sazi, magari credenti per sentito dire (v. 35) e non per esperienza personale. Non un fantasma (v. 37), ma nella carne e nelle ossa dei poveri ‘che abbiamo sempre con noi’ (v. Gv 12,1-11).  Quello che viene indicato lo “stesso giorno” è   il tempo migliore: quello del grande incontro e della nuova creazione, quello dell’amore misericordioso, quello della pace, quello della nuova relazione con Dio e fra gli uomini.

Facciamoci aprire la mente alle intelligenze delle Scritture, apriamo il cuore a ciò che il Cristo ci dona e diamone testimonianza secondo il carisma personale di ciascuno. Superiamo l’ignoranza con l’esperienza personale dell’amore ricevuto e dato e non ci troveremo più difronte nessun fantasma di Dio, ma un Compagno fedele e concreto che conosce tutte le condizioni della nostra vita e le risolve.

Anna Maria e Francesco

La Pace è il segno dell’Amore che è in te

Il primo giorno dopo il sabato, quello della resurrezione, quello della nuova creazione, quello della vita nuova, oltre le porte chiuse, Gesù stette con loro. Rimase con i discepoli impauriti ancora dai Giudei e, nonostante l’annuncio della resurrezione, si sentivano ancora sopraffatti dal mondo intorno a loro.

Pace a voi, disse Gesù.

Fino a quando c’è bisogno delle ferite per risvegliarci?

E’ necessario far vedere loro le ferite (e a Tommaso chiede anche di toccarle) perché loro possano gioire. Hanno ancora bisogno in qualche modo di un corpo per poter credere in lui. E’ un’infinita incarnazione per tutti i credenti perché non possiamo pensare la vita, le parole e le opere di Gesù, come una mera ideologia. Il suo essere nella carne, lo collega a quella dei poveri del mondo: ecco perché ci sono ancora le ferite in un corpo (che noi chiamiamo glorioso) che riesce a passare per porte e pareti.

Ora, finalmente, i discepoli gioiscono nel vedere il Signore che ripete: Pace a voi.

parole di pace

Un nuovo sguardo e un nuovo stato del cuore

Ansie e paure non gli avevano permesso di ricevere la ‘prima’ pace. Hanno avuto bisogno ‘di vedere’ oltre per accogliere la pace offerta dal Risorto. State in pace e portatela al mondo come un per-dono, un dono per tutti, un dono perfetto. La pace per voi è uno stato interiore grazie alla Sua presenza nuova, quella che riconcilia gli uomini e il mondo ricapitolando tutte le cose in Lui (v. anche Ef 1). Ecco, adesso è il momento di condividerla con chi incontrate. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10,8). Il mondo cerca la pace e io la offro non solo come assenza di guerra, ma come qualcosa di più (Gv 14,27).

Questo ‘di più’, è quella pace che a volte ci sfugge proprio mentre siamo affaccendati nelle vicissitudini quotidiane, nelle storie delle nostre relazioni, in quelle pause che meglio potrebbero offrici e dare per-dono.

Per-Dono = Dono Perfetto

Perdonarci i sensi di colpa, ad esempio, o perdonare le dimenticanze altrui, è un ottimo inizio. E quando avviene, non siamo forse in pace? Non sentiamo nel nostro corpo una speciale armonia con il nostro cuore e la nostra anima: tutto suona all’altezza giusta della medesima nota.

Di più’ è quel dono gratuito, senza un perché apparente, che ci arriva quando ci facciamo raggiungere dal respiro di Cristo, il suo soffio. Fare all’unisono, almeno un respiro al giorno con lui, specialmente nei momenti più difficili, per ricordarci che Lui è con noi sempre.

Lo Spirito ci guiderà. Noi siamo il suo tempio (1Cor 6,19), quello della nuova creazione, quello ‘ri-fatto’ proprio grazie alla Pasqua di Cristo.

Pace a voi. La pace è in voi.

Anna Maria e Francesco