‘RE-STARE’ NEL TEMPO DELLA FUGA.

Il paradosso è proprio questo: in un tempo che oggi avremmo definito ordinario, avremmo cercato una ‘fuga romantica’ o ‘una fuga dallo stress’ o una fuga comunque da qualcosa (la noia della routine, l’inquietudine quotidiana, …) o qualcuno (il partner invadente, il vicino che rompe, …). Istintivamente la fuga (insieme con l’attacco che non approfondiamo per non rischiare di fare polemica sulle polemiche) è una delle prime risposte davanti alla paura: correre lontano dal pericolo, andare via. Ma oggi no, non possiamo fuggire. Dobbiamo restare, lo dice il DCPM. Ora, resta anche chi, sempre davanti al pericolo, rimane immobile, raggelato; è anche la reazione a quell’inaspettato che non ci meraviglia e ci confonde, che ci lascia lì senza parole, pietrificato.

Ecco, c’è un modo di rimanere solido senza scappare. ‘Stare da re’, restare ben radicato, facendo affondare le radici nella certezza della terra che ci sostiene.

Restare nelle profondità valoriali che ci appartengono e governare, con essi, noi stessi. Restare con la sapienza di un sé da riscoprire, asse e centro della vita, che rimane anche quando non ci siamo e aspetta di essere cercato. Restare e farsi trovare pronti dalla migliore qualità della vita possibile oggi, ispirati da cultura o ricerca o da relazioni a ‘distanza’ molto più vicine di come ci sono apparse finora attraverso social o telefonini. Restare per riscoprire nuove forme di reciprocità e solidarietà, proprio quelle ‘cose’ che ci rendono più umani in questo tempo irriconoscibile (o forse fin troppo noto nella storia) di umanità. Restare per tirare fuori dal cappello l’inaspettato di ciò che mi permette di essere quel che sono, di cui forse mi sono dimenticato. Restare per non essere straniero di me stesso e riconciliarmi profondante col mondo.

Restare nel tempo della fuga è una sfida per non lasciarmi nella paura o nell’ignavia o nell’indifferenza o in balia di chissà che cosa. Restare davvero richiede una buona dose di coraggio, di ricerca sui dubbi da sciogliere, su fiducie da rinnovare… Stare da re vuol dire governare questo tempo con responsabilità, con rami sereni protesi nel cielo, senza essere sudditi di paure alcune: riconoscere il proprio lignaggio di fragile vertice della natura che però si fa avvolgere, nonostante tutto, dal sapiente e amorevole abbraccio della Vita.