P. Paolo Dall’Oglio S.I., testimone del dialogo in Siria (seconda parte).

Ormai sono passati 7 anni dalla scomparsa in Siria del gesuita padre Paolo Dall’Olio. Da allora si sono alternate diverse voci in merito, ma non ci sono certezze in nessuna direzione. Amando gli abitanti di quel paese, se ne fece carico tanto intensamente da esserne rapito allora e fino ad oggi, per giocare con le parole, così come anch’esso amava fare in talune circostanze. Ma niente in realtà fu un gioco per lui da quando decise che l’Islam, i figli di Ismaele e la loro terra, sarebbero diventati la sua nuova casa, i suoi fratelli e la sua nuova nazione.

La Siria e la questione siriana.

Dopo la fine dell’Impero ottomano, le autorità coloniali britanniche e francesi si riuniscono a Sanremo, in Italia, e spartiscono i territori del medio oriente in Mandati. Nel processo di divisione, viene stabilito che la Siria sarà sotto il mandato francese.

La posizione geografica strategica, per interessi economici e militari, ha sempre creato grandi tensioni in alleanze che oggi appaiono molto variabili a seconda dei diversi fini, espliciti e meno espliciti.

Nel 1946 le ultime truppe francesi lasciano il territorio nazionale e viene proclamata l’indipendenza della Siria. Il 17 aprile diventerà giorno di festa nazionale. Nel 1963 un colpo di stato condotto dal generale sunnita Ziad Hariri, porta al potere il Consiglio nazionale di comando della rivoluzione e il suo presidente Lu’ayy Atassi, del partito Baah. Il 13 novembre del 1970, Hafen al-Asad prende la guida del paese, spodestando la dirigenza del suo partito. Dal 1976 (e fino al 2005) la Siria interviene direttamente nella guerra in Libano e sosterrà in qualche modo la strage di Sabra e Shatila del 1982. Farà parte della coalizione occidentale che combatterà Saddam Hussein durante la prima guerra del golfo (1990-1991).

All’inizio del 1994 muore Bassel al-Asad figlio di Hafen, che era stato designato alla guida del paese (sebbene secondogenito ma più incline alla politica del primogenito). Così alla morte di Hafen al-Asad, nel 2000, sarà Bashar a succedergli, nonostante non fosse stato la prima scelta del padre sebbene primogenito.

Nel marzo del 2011 iniziano le prime manifestazioni pubbliche contro il regime, in seno al più ampio movimento conosciuto in occidente come ‘primavera araba’, dando vita ad una guerra civile complessa, così come complesse sono le vicende narrate e non. Di fatto, nel 2012 le manifestazioni si tradurranno in scontri fino ad una guerra civile aperta dove Aleppo e non solo, rappresenta ancora oggi l’apice delle violenze tutt’ora in corso.

Il presidente siriano, in una intervista rilasciata al quotidiano americano The Wall Street Journal il 30 gennaio 2011, afferma che la Siria è un’eccezione rispetto alle rivoluzioni di Egitto, Tunisia e Yemen.

“La Syrie est en effect une ‘exception’. Mais elle est également une ‘exception’ si l’on observe l’attitude arabe et international â son égard, qui oscille entre hésitation, division, conflits et impuissance à régler la situation”[1].

Di fatto, ad oggi, non si è addivenuti a nessun risultato significativo a causa dei veti incrociati dei paesi arabi in qualche modo coinvolti, della Turchia, della politica estera europea e francese a seguito di quella USA e della Russia. Gli attori internazionali che intervengono, o non intervengono, a seconda degli interessi che li muovono, lasciano scorrere ancora sangue innocente anche con l’uso ripetuto di armi non convenzionali e proibite dai diversi trattati internazionali.

La Siria non è solo un serbatoio di petrolio, ma la sua posizione è un crocevia di interessi dicevamo. Se da una parte, per esempio, Arabia Saudita e Qatar hanno armato siriani e mercenari per evitare un paese democratico nella zona[2], dall’altra, sempre ad esempio, c’è un immobilismo diplomatico tra Israele e Siria per un confine conteso dal 1967 dove nessuno dei due attori arretra di un millimetro e la strategia americana ne fa uno dei suoi baluardi in medio oriente[3]. E gli esempi potrebbero essere moltiplicati per tutti gli intrecci di veti e controveti ora da parte di uno, ora da parte degli altri.

In questo scenario, il 29 luglio 2013, viene rapito padre Paolo Dall’Oglio, che precedentemente si era espresso in maniera critica verso le posizioni assunte da Bashar al-Asad nella gestione evoluta della primavera araba siriana. Per Paolo era importante il popolo e la possibilità che questo potesse esprimersi in maniera democratica, mentre esso diventava sempre più oggetto di sofferenza.

Gli ultimi eventi di questa primavera, ribadiscono la complessità della situazione e la sofferenza cui continua ad essere sottoposto il popolo siriano, soprattutto nelle persone più deboli come i bambini, le donne, gli anziani…


[1] Z. MAJED, Syrie la Révolution orpheline, L’orient des livres, France, 2014, 23.

[2] Cf R. CRISTIANO, Medio oriente senza cristiani, dalla fine dell’impero ottomano ai nuovi fondamentalismi, Castelvecchi, Roma 2014

[3] Cf L. GRUBER, Prigionieri dell’Islam, Terrorismo, migrazioni, integrazioni: il triangolo che cambia la nostra vita, Rizzoli, Milano, 2016, 184.